venerdì 7 settembre 2012

Yoga Sutra: un commento per l'Occidente

Om.


Dal non essere conducimi all’Essere,
dalla tenebra conducimi alla Luce,
dalla morte conducimi all’Immortalità!
Om! Shanti, shanti, shanti


Nella sezione Rune di Tradizione ci proponiamo di presentare al lettore alcuni punti di riferimento per l’approccio a teorie e pratiche tradizionali, orientali e occidentali: sappiamo tutti che il mondo moderno è un mondo complicato, al quale siamo così tanto abituati, a volte senza neppure poter pensare di metterlo in discussione, che trattare elementi di mondi tradizionali mette in seria difficoltà il lettore generico, e può creare confusione, agli inizi, anche in quello curioso sull'argomento. 
Molti aspetti della nostra storia di europei hanno portato a una grande ricchezza ed evoluzione in certi ambiti della vita umana, lasciando all'arbitrio e alla libertà del singolo di scegliere gli altri aspetti più congeniali alla sua natura. 
In particolare, attraverso l'elemento del "laico", si è data una grande importanza al piano immanente, dichiarando in sede intellettuale e non la morte della metafisica e della trascendenza.



Un mondo tradizionale considera, come giustamente ha sottolineato Julius Evola, l'uomo come un complesso assai articolato, partecipe di un Invisibile che, nelle varie parti del mondo, è stato oggetto e soggetto di esperienza, da parte degli uomini. Esperienza, in prima istanza. Cosa di cui il moderno, nelle sue città e col suo stile di vita, è privato dal clima stesso della modernità europea. Pertanto, volendo provocatoriamente porsi in un'ottica tradizionale di questo tipo, il mondo moderno non può andare totalmente incontro alla parte più alta dell'uomo, che la si voglia intendere religiosa nel senso di appartenere a una specifica tradizione religiosa, o che la si intenda in senso spirituale, di cultura e coltura dello spirito. Non si tratta, come sarà evidente sin dal principio, di comode evasioni in sincretismi piatti o in ottundimenti della ragione (e la stessa "ragione" rischia di essere elevata a dio e principio primo, quindi attenzione...): l'avvicinarsi e lo studio di culture e mondi così lontani dal nostro comporta il prendere coscienza di se stessi, dell'altro e delle differenze basate, sì, sulla comune umanità, ma impresse da percorsi storici e mentali che, se non adeguatamente tenuti presenti, rischiano di snaturare se stessi e l'altro in una ricerca destinata a girare in tondo.

Con “tradizione” intendiamo gruppi diversi di saperi formati nel tempo all’interno di un’area e una o più comunità, saperi che non fanno capo a una sola personalità storicamente ben definita (spesso appartiene al mito fondatore di una certa pratica del vivere comune) e che intendono se stessi come espressione di una verità stabile e consolidata, non limitata dallo spazio e dal tempo e al tempo stesso espressa dal mondo materiale che essa informa, una verità e un ordine delle cose attraverso i quali interpretare gli eventi del presente e agire su di esso; saperi trasmessi tra le generazioni attraverso la pratica viva e/o il rito.
L’ispirazione della nuova sezione viene dalla necessità di approcciare in modo più ampio e puntuale alcuni testi, che presentiamo ai nostri lettori, che vengano da universi culturali più o meno lontani da quello familiare al lettore, non con l’obiettivo di offrire panoramiche sufficienti, quanto con quello di permettere un primo approccio a libri che starà a chi se ne fa "carico" comprendere e vivere.

Non possiamo, infatti, parlare e presentare testi che hanno avuto una tale importanza per lo spirito umano (ma cos'è lo spirito? Ormai da occidentali europei dobbiamo chiedercelo, specie se siamo intellettuali educati alla scuola del Tribunale della Ragione), senza prima sottolineare un elemento a nostro avviso decisivo nell’approcciarli: la loro intima e indissolubile interrelazione con quello che viene prima del testo scritto, che ne viene dopo, che è al di là dello scritto. Il rapporto tra oralità e scrittura è perlopiù deciso, in Occidente, da secoli, con una netta predominanza della seconda sulla prima (al lettore intraprendente consigliamo la lettura dell’opera filosofica di Jacques Derrida, per un viaggio attraverso i sensi dello scritto): un testo permane stabile nel tempo, può essere modificato ed è a disposizione di chiunque sappia leggere, è ottimo per la trasmissione di un sapere a grandi distanze. L’approccio di un europeo al libro scritto è di chi si aspetta una immediata spiegazione e una chiara esposizione, aspettandosi più o meno completamente una piena traducibilità del vero sulla pagina.
Ebbene, questo non vale per quel che riguarda i testi della tradizione, testi che siano sacri, venerati, rispettati, e che richiedono un apporto sostanziale da parte del lettore perchè il destinatario è molto più che "lettore". Più che un passivo assimilatore, egli è chiamato alla comprensione personale di quello che viene trasmesso. Il che non significa, certamente, interpretazione selvaggiamente soggettiva, anzi. La restrizione del campo di azione, da parte del mondo moderno occidentale, all'io e alla sua volontà e alle sue intenzioni, appare come un impoverimento della visione dell'uomo, se confrontata, ad esempio, con la capacità di introspezione e meditazione realizzata in Oriente e, un tempo, familiare anche a quelli che sarebbero stati chiamati "pagani" dal Cristianesimo in affermazione (non che il Cristianesimo abbia a sua volta coltivato forme di meditazione e ascesi, ma in termini così differenti dai corrispettivi indiani da poter essere nettamente distinguibili).
Conoscere questi testi, significa arrivare a una comprensione intima e al tempo stesso debitrice alla tradizione, riscoprire aspetti della propria vita che rischierebbero di restare nell'ombra.

Può essere molto difficile concepire, per un europeo contemporaneo, il dinamismo interno alle  “società tradizionali”, semplice il considerarle appiattite su un passato attraverso il quale rileggere il presente, o alienate (nietzscheanamente) in un mondo oltre il mondo fatto per svilire il mondo attuale (critica da Nietzsche elevata, a grande torto, a qualunque metafisica). Tale difficoltà dipende dalla frattura che il monoteismo ebraico e poi cristiano hanno permesso nella mente europea, portando a una concezione della storia e del tempo profondamente diversa da quella delle altre civiltà mondiali. Il Secolo dei Lumi ha poi trasformato, senza possibilità di ritorno, attraverso rivoluzioni mentali, sociali ed economiche, la concezione dell’uomo in società, dell’individuo rispetto al corpus più generale della società civile e infine dello Stato, in continuità e in rottura con tutto quello che era stata la grande tradizione politica e culturale dell’Europa (con le sue radici greco-romane e poi cristiane).
Pertanto il concetto e l’abitudine alla critica e all’affidamento sulle proprie forze intellettuali sono diventate centrali nell’atteggiamento di un europeo colto, il che da una parte ha condotto all’instillarsi del parallelo concetto di tolleranza, dall’altra a un atteggiamento, di fronte alla tradizione e all’assetto costituito, critico nel senso originario del termine. Ovvero, kantianamente, a un porsi di fronte al dato con un discernimento in grado di distinguere secondo nuovi valori e schermi, di portare al tribunale della ragione che sola avrebbe non solo giudicato sull’oggetto, bensì anche e soprattutto compreso quali erano i limiti dell’intelletto e quindi della scienza, lasciando tutto quello che non rientra nello spazio e nel tempo alla facoltà pratica. Senza complicare il discorso, citiamo fuggevolmente Hegel che contro la pretesa kantiana di trovare i limiti dell’intelletto adduce un esempio concreto, per rendere agevole al lettore comprendere la ristrettezza insita in tale pretesa: impossibile comprendere fino a che punto ci si può spingere se non durante il tentativo di compiere qualcosa.
Se queste sono le nostre premesse di europei, occorre essere consapevoli tanto dell’esistenza di un pensare altrimenti, quanto non rifluire in posizioni di etnocentrismo o autarchia superate nella sede dell’antropologia ufficiale, nonché disastrosi nell’epoca globale in cui viviamo.

Italiana è la straordinaria scuola di pensiero di storia delle religioni, che può rappresentare un buon paradigma per affrontare un argomento complesso (dal punto di vista, in questo caso, della comprensione razionale) come gli altri modi e pratiche della religiosità e spiritualità: per un “nuovo tipo di umanesimo integrale” (Introduzione alla storia delle religioniAngelo Brelich, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 2006, p. 70), attraverso la comprensione del perché certe cose assumono un carattere religioso per quell’uomo che ècreatore di valori, datore di senso. E, come Ernesto de Martino esemplifica con tutta la sua produzione intellettuale ed etnologica, l’esplorazione dell’altro porta anzitutto alla presa di coscienza del proprio abito mentale, dei fondamenti della civiltà occidentale. Il che non significa strumentalizzare l’altro per una consapevolezza del proprio, quanto un rendersi conto della distanza e quindi impedirsi di sovrapporre schemi propri e impadronirsi impropriamente di qualcosa che è nato in un altro suolo, in un clima diverso.
Tuttavia, proprio perché siamo tutti sotto un unico cielo, è necessario comprendere che i confini sono stati posti dagli uomini e dalla loro storia, e che tutta la ricchezza del potenziale umano e del mondo è una risorsa preziosa. Inoltre, anche la ragione è divenuta mito, e in un’epoca così difficile di mescolanze, di rapidissime distruzioni e creazioni quasi incrontrollabili, è ancora più importante ricordare che la tradizione ha avuto un ruolo centrale nel nostro Occidente, né la si può oggi respingere illudendosi di poterla ignorare, perché se essa scompare dalla nostra coscienza non può essere cancellata dalle tracce che ha lasciato nei nostri luoghi, fisici e mentali. Negli studi psicologici di Carl Gustav Jungpossiamo vedere un chiarissimo segno della continuità con un passato remoto, di cui abbiamo smesso di renderci conto.

In questa sezione, che si incrocia con quella delle recensione di altri testi di letteratura o manualistica, intendiamo dare un contributo veramente esiguo alla riscoperta di veri filoni di saggezza e sapienza, per trasmettere una scintilla di quel fuoco che arde nello spirito dell’uomo, che si carica di colori e forme così diverse, che è infinito e proprio per questo può trasformarsi in diecimila maschere.



        Gli Yoga Sūtra sono 196 sūtra (frasi coincise, simili all’aforisma occidentale) scritti, secondo la tradizione indiana, da Patañjali: sapiente indiano sulla cui collocazione storica gli studiosi sono indecisi, con varie interpretazioni attorno al secolo (che oscilla tra il III e il II a.C., perlopiù), incerti se si tratti o meno dello stesso scrittore di un trattato sulla grammatica e uno sull’ayurveda, la disciplina pratica e teorica indiana che si occupa della salute e degli equilibri interni del corpo.
        L'incertezza dei filologi e degli intellettuali non va ad intaccare, tuttavia, la tradizione raccolta attorno a Patañjali e la funzione che questa opera sul percorso personale del praticante. Infatti, l'importanza degli Yoga Sūtra è legata, in modo inscindibile, alla figura dello scrittore che la tradizione vuole averli stesi, con il fine di raccogliere il sapere sulloyoga e di offrire al praticante una guida valida. Se in sede accademica è certamente normale procedere con un metodo storico, se il metodo storico permette di comprendere più ampiamente i contesti e i fini entro i quali si è sviluppato un certo pensiero, colui che può leggere oggi gli Yoga Sūtra è il praticante che desidera dedicarsi alla via dello yoga, il quale deve arrivare a uno scopo molto più alto che la comprensione intellettuale e comparativistica del libro.
La meta dello yoga è infatti lo stato in cui le inquietudini e le fluttuazioni della mente scompaiono, fino al punto che tutta la propria storia, gli effetti delle azioni commesse in passato (in questa e nelle altre vite), smettono di influenzare la mente. Trattandosi di un sentiero rivolto al proprio interno, la collocazione esatta dell'autore, le incertezze del metodo storico intorno a questo, passano in secondo piano. Non altrettanto si potrà dire dei problemi intorno ad alcuni aspetti profondamente radicati nella tradizione indiana, come le dinamiche del karma e, come appena sopra accennata, della reincarnazione.
Gli Yoga Sūtra sono, insieme alla Bhagavad Gītā e allo Haṭha Yoga Pradīpikā, i testi base dello yoga.

Proporremo, per il momento, due edizioni e due commenti e traduzioni differenti: quella di I. K. Taimni, professore di Chimica nell’università di Allahbad in India, e quella di B. K. S. Iyengar, riferimento spirituale e maestro di yoga che nel 2004 il Time Magazine pose tra le 100 persone più influenti al mondo. I due commenti, a modo loro, esauriscono quasi tutto quello che si può dire intorno all'argomento yoga.

Iniziamo con quella di I. K. Taimni (1898 – 1978), uno dei leader della Società Teosofica (l'editore originale è infatti The Theosphical Publishing House Wheaton, USA), studioso e praticamente dello yoga, che scrive The science of yoga (La scienza dello yoga) con il dichiarato obiettivo di offrire al lettore occidentale (di lingua inglese) una chiarificazione intorno ai concetti base investiti dal discorso aforistico di Patañjali, con un commento puntuale e mirato. Il testo riporta la traslitterazione nell’alfabeto occidentale del verso sanscrito, seguita dalla traduzione dapprima letterale, parola per parola, e poi dalla traduzione rifinita e completa.
Iniziamo presentando, tra i due testi possibili, la sua traduzione e commentario perché Taimni li ha pensati per lettore moderno "di alto livello intellettuale" (pag. 7): il Professore ha ben presente il senso e i contenuti della scienza moderna, sia nei suoi aspetti generali e metodologici che nello studio e insegnamento della chimica. Alla concezione occidentale di "scienza" egli, poi, amalgama un'idea di scienza non solo fisico-sperimentale, andando di fatto fuori dalle competenze che la scienza moderna attribuisce a se stessa. Essa infatti è in strettissimo rapporto con una visione del mondo anche sapienziale; ciò viene reso possibile non dal desiderio di sconfinare e snaturare una solida pratica teoretica e scientifica, per mescolarla a elementi a lei del tutto estranei. Il presupposto stesso è filosoficamente differente. Possiamo dire, provvisoriamente e senza approfondire troppo, che il modo di pensare di Taimni sia filosoficamente rivolto a un affiancamento di scienza moderna e sapienza tradizionale, con una coniugazione delle due volta non a un risultato oggettivo nel mondo naturale, bensì a un risveglio radicale dell'essere umano.  L'esperimento in grado di verificare le asserzioni del Professor Taimni non viene dai metodi della scienza moderna, ma dall'osservazione diretta: lo yoga stesso, la sua pratica, porta il praticante a sperimentare quello che sì, Patañjali enuncia, ma che non può essere del tutto afferrato senza essere praticato e portato a compimento personalmente, attivamente. Né tale atteggiamento conduce a un soggettivismo che verifica se stesso in base a delle convinzioni autoindotte, perchè la severità della disciplina e l'incredibile tecnica corporea trasmesse nello Hatha Yoga portano proprio al distacco dal "soggetto" comunemente inteso.

Il libro del Professor Taimni viene pubblicato nel 1961, è regolarmente suddiviso nelle 4 sezioni in cui si articolano gli stessi Yoga Sūtra: il Samadhi Pada, il Sadhana Pada, ilVibhuti Pada e il Kaivalya Pada.
Abbiamo detto perché iniziamo col testo di Taimni. Diciamo, anche, perché iniziamo proprio dagli Yoga Sūtra. Essi possiedono una caratteristica essenziale: la parola yogasignifica “unire”, gli Yoga Sūtra sono un compendio essenzialmente rivolto a dei praticanti già avanzati (il primo libro, il Samadhi Pada, inizia introducendo direttamente nel samadhi), utile per la memorizzazione, necessario per una corretta pratica e per l’approfondimento degli aspetti intellettuali, mentali, emotivi e spirituali che costituiscono uno degli assi essenziali dello yoga, anche se non l’unico. Lo yoga di Patañjali è Ashtanga yoga in quanto composto di otto parti, che esamineremo più avanti. Si tratta comunque di un percorso completo, che coinvolge la persona nella sua interezza psico-fisica, e per Taimni di una scienza vera e propria del mondo e dell’essere umano. Per comprendere questa scientificità occorre ricordarsi che la distinzione tra scienze della natura e scienze umane, la differenziazione tra studio del mondo e studio della psiche, nell’ India tradizionale e in teorie-prassi come lo yoga sono completamente sconosciuti, nonostante alla base degliYoga Sūtra di Patañjali ci sia l’asserto essenziale della distinzione netta tra spirito e natura (la filosofia di base è la Samkhya, dualista).
Poiché Patañjali scrive come maestro di quello che insegna, per discepoli più o meno avanzati sul cammino verso la meta finale dello yoga, ogni sutra, pur coinciso com’è, tocca livelli differenti, permettendo un passaggio continuo tra l’uno e l’altro. Si pongono di fronte a qualunque lettore come un gradino di avanzamento e un prezioso aiuto, una guida per il viaggio dentro se stessi, la natura propria e quella che ci circonda.
Taimni condensa il commento sull’aspetto più razionale e intellettuale, ben cosciente che un occidentale si appresterà al suo libro come un bambino di fronte a una prova molto seria, importante. Il suo commento per questo è puntuale e approfondito, utilissimo per un primo approccio allo yoga e per l’approfondimento successivo di un cammino già iniziato. Quello di cui Taimni è infatti ben consapevole, e che caratterizza gli Yoga Sūtra di Patañjali, è che lo studio intellettuale non può bastare alla vera comprensione di alcuni punti esposti dall’antico maestro. Si tratta di una pratica fisica e psichica, congiunta, che prepara il terreno a tecniche operanti direttamente su e con il mentale. L’osservazione e la pratica hanno permesso agli yogi di sperimentare e arrivare a padroneggiare gli stati alterati di coscienza. Come frutti dello yoga si ottiene un rapporto completamente differente col proprio corpo, con l'emotività e con l'intelletto. Si impara a disciplinare quello che controlla l'uomo comune, a distaccarsi in modo sano tanto dal bene quanto dal male. Non ci si ritira lontani dal mondo: si trova la via per starvi di fronte in modo diverso. Si agisce sulla fisiologia, sul sistema nervoso, attraverso differenti posizioni del corpo da assimilare e portare a perfezione, attraverso un controllo del respiro e alla padronanza dello stato di veglia e di sonno. Fino allo stato di pace finale, il kaivalya, in cui il cammino si conclude e si è riusciti a liberarsi completamente dal dolore, dall’ignoranza e dal desiderio. Se questa è la linea che il praticante deve seguire, lo fa sulla base di assai specifiche concezioni del mondo e della materia.
Non si tratta di una cessazione illusoria e autoindotta. Lo yoga è una disciplina totale di ascesi, lavoro e abbandono, la ricerca e costruzione di un equilibrio interiore ed esteriore, che poggia quasi interamente sull’opera del praticante, in questa e nelle sue vite precedenti. La reincarnazione è uno degli aspetti più inconsueti ed estranei al lettore occidentale, Taimni nel commento lo affronta assieme alla dottrina del karma. Quest’ultimo è causato dai cinque klesha, le cinque grandi afflizioni dell’esistenza: ignoranza (metafisica), incapacità di distinguere il vero Sé dal veicolo (corporeo, mentale, intellettuale), l’attaccamento legato al piacere, la repulsione legata al soffrire, il desiderio di vivere. Sono iklesha la ragione per cui è essenziale cercare una via di liberazione. Un percorso che non è semplicemente negativo. Non ci potrebbe essere repressione o distruzione di alcunchè, perché questo porterebbe a un impoverimento del praticante. Lo yoga mira invece ad una pienezza, per ottenere la quale bisogna rinunciare anche ai privilegi divini (la terza parte degli Yoga Sūtra tratta infatti, oltre che del perfezionamento della meditazione, dei poteri straordinari che uno yogi è in grado di acquisire).

L’Ashtanga yoga si compone, come dicevamo sopra, di otto parti: yama, ovvero le cinque astensioni (dalla violenza, dalla menzogna, dal furto, dai piaceri sessuali, dall'avarizia); niyama, ovvero le cinque osservanze (di pulizia/purezza, dell'accontentarsi, dell'ardore, dello studio delle scritture, dell'abbandono al dio); asana, ovvero le posizioni da assumere, perfezionare e riuscire a mantenere per lungo tempo, con profonde conseguenze per la postura, il benessere, la mente; pranayama, il controllo del respiro volto al graduale prolungamento delle pause di sospensione a fine inspirazione, e a quella di fine espirazione, con la creazione di una ritmicità armoniosa, la circolazione dell'energia vitale a livello sottile (prana), a livello organico la purificazione del sangue dalle scorie e dall'anidride carbonica;pratyahara, il ritiro della coscienza dai sensi; dharana, la concentrazione; dhyana, il flusso costante del pensiero verso l’oggetto su cui ci si è concentrati; samadhi, l’unità con l’oggetto della meditazione.
Il samadhi a sua volta si articola in un modo ancora più complesso, che non riportiamo qui.
Ci limitiamo, infatti, a riportare alcune delle tematiche di interesse, ben consapevoli che una esposizione del genere sia assolutamente inadeguata al tema trattato. Ci preme, in questa sede, mostrare la complessità dello yoga per incuriosire il lettore a provare da sé la lettura della traduzione e del commento di Taimni. Esso illustra con chiarezza aspetti teorici alla base dei sutra di Patañjali, compresa la teoria dei tre guna, gli elementi di cui è composta tutta la natura, presenti in misura e proporzione differente: sattva (luminosità e chiarezza),rajas (movimento e vibrazione), tamas (inerzia).
Dal mondo al corpo e intelletto umani, la continuità della sapienza di Patañjali connette esterno ed interno, portando al contempo a una consapevolezza molto più raffinata di se stessi, a un cambiamento vero e positivo le cui condizioni sono un impegno integrale e una pratica assidua. Sull’elemento della pratica, degli’asana  e del pranayama, Taimni fa pochissimo riferimento, preferendo approfondire gli altri aspetti di base. Caratteristice del commento di Iyengar sarà invece, proprio, il costante andare alla pratica delle posture, al suo significato e al ruolo fondamente che una disciplina del corpo vivo costituisce per la mente e per la vita intera.

La complessità e la ricchezza degli Yoga Sūtra di Patañjali richiedono molte letture per afferrare anche solo un quadro generale dell’intero sistema, obiettivo che si propone il testo di Taimni. La sistematicità dei sutra non è di immediata evidenza, tanto che molto utili sono le numerose tabelle che il commentatore pone per mettere in ordine un argomento, indicando quali sura si occupano di altri aspetti complementari. Continui rimandi all’interno del testo permettono un costante allaccio ai sutra relativi: se questo, a una prima lettura, sembra disorientare e frammentare il corso logico della spiegazione, il lettore non si scoraggi e scopra che, a una seconda lettura, moltissimo di quello che torna a leggere scopre di non averlo capito bene, la prima volta. E trovarlo di nuovo sul proprio cammino sarà illuminante.
Gli Yoga Sūtra di Patañjali sono un testo integrale, l’esposizione di un’esperienza e di un ardore psicofisici così importanti che non c’è un sutra che non sia legato a tutti gli altri, che non sia importante per tutto il resto. Anche il semplice quadro generale, intellettuale, non è possibile senza riletture più approfondite e attente. E, anche dopo quelle, non si avrà compreso quasi nulla se non lo sperimenterà in prima persona.



Titolo:
 La scienza dello yoga.
Autore: I. K. Taimni.
Editore: Astrolabio Ubaldini.
Pagine: 399.
Prezzo: €  19,00.


@ Carla Righetti per Dita di Inchiostro.

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